Florido D’Orazi : “L’incrollabile forza delle idee”

 

Nato a Rieti il 30 Maggio 1881, da umile famiglia, autodidatta, meccanico di professione aderisce giovanissimo al movimento socialista essendo entrato in contatto con l’organizzazione politica del P.S.I. della vicina Terni.

La sua professione di meccanico e riparatore di macchine agricole lo porta a frequentare i contadini e mezzadri della piana reatina, condividendo con loro disagi ed aspirazioni; nello stesso tempo la sua viva intelligenza lo spinge a stringere amicizia con gli intellettuali socialisti Umbro-Sabini come il prof. Angelo Sacchetti Sassetti, o l’Avv. Giovanni Pozzi tramite i quali affina e approfondisce il suo credo ideologico.

Le lotte dei braccianti e mezzadri della piana reatina per ottenere migliori condizioni di vita e per il superamento dei patti colonici lo vedono sempre protagonista, dal 1912 in poi, tenacemente proteso nel dare un’organizzazione stabile e politica alle rivendicazioni contadine.

E’ del 10 Dicembre 1912 da sua prima condanna per istigazione allo sciopero e alla lotta di classe.
Di ritorno dalla grande guerra, cui partecipa nell’arma della sanità, sull’onda emotiva delle promesse di terra ai contadini si impegna nelle costituzioni di leghe di braccianti in tutta la Sabina.

Diviene ben presto leader indiscusso dei contadini reatini, tanto che nel 1919, alla fondazione della Camera del Lavoro, con il fattivo contributo di Socialisti Umbri quali Arduino Fora e Tito Oro Nobili, viene nominato per acclamazione segretario provinciale.

E’ tuttavia nel Giugno del 1920 che la pianura reatina diviene un nuovo epicentro di lotta. La Federazione Umbra dei lavoratori della terra rivendica una sostanziale modifica migliorativa dei contratti tra mezzadri e proprietari . Florido D’Orazi è l’organizzatore ed il promotore dello sciopero ed abbandono del bestiame da parte dei mezzadri. Tutto il bestiame bovino della pianura reatina viene condotto il 20 Agosto 1920, dai coloni, nella città. Le bestie vengono legate in parte lungo le mura mediovali e in parte negli alberi che costeggiano Viale Maraini. Rimangono senza foraggio per tre giorni vigilate a distanza giorno e notte dai contadini.
Il tentativo dell’autorità governativa di favorire un accordo è interrotto il 24 Agosto dalla proclamazione di uno sciopero generale per il fatto che Florido D’Orazi viene ferito durante un diverbio con la controparte. Solo il giorno successivo le commissioni di proprietari e contadini raggiungono un accordo che accoglie in larga parte le rivendicazioni mezzadrili. Due mesi dopo questo successo, alle elezioni amministrative a Rieti il partito socialista riporta una schiacciante vittoria ed Angelo Sacchetti Sassetti viene eletto sindaco.

Tuttavia la reazione padronale e squadrista non tarda a farsi sentire. Il D’Orazi viene di nuovo processato nel 1921 daI Tribunale di Roma per istigazione sovversiva, contravvenzionato di L.1000 per comizio non autorizzato.
Squadristi fascisti della “ Disperata” di Perugia assaltano e distruggono le Camere del Lavoro di Rieti e Poggio Mirteto, invadono il Comune di Rieti, dileggiano il Sindaco e picchiano selvaggiamente alla stazione delle FFSS il deputato socialista Tito Oro Nobili, Florido D’Orazi si rifugia a Roma e solo agli inizi del 1922, riesce a riunire contadini e braccianti, prima in case private, poi nella ricostituita Camera del Lavoro di Rieti.

L’avvento della dittatura non ferma la sua attività politica, che diventa però clandestina e col passare degli anni, sempre più pericolosa.

Dal P.S.I. gli viene affidato il compito di organizzare leghe segrete di artigiani e contadini nel circondario di Rieti. Arrestato a Narni nel 1926 insieme ad un gruppo di socialisti e comunisti umbri per aver promosso una riunione celebrativa dell’anniversario della Rivoluzione di Ottobre sovietica, viene condannato dal Tribunale speciale di Roma a 5 anni di confino nell’isola di Lipari. Condanna successivamente ridotta a 3 anni che sconta virilmente e gli permette di avvicinare e conoscere personalità politiche antifasciste come Carlo Rosselli, Romita ed altri.

Tornato a Rieti viene continuamente sorvegliato, schedato dalla polizia come sovversivo, ma non piega mai la testa, rifiutandosi ostinatamente di prendere la tessera fascista. Una grave malattia iniziatasi a manifestare nel 1940, lo inchioda in una infermità che non gli permette di essere nuovamente protagonista nel periodo della Liberazione e della ricostruzione organizzativa del P.S.I. a Rieti.

Muore nel 1952 ed il professor Sacchetti suo amico compagno di tante battaglie politiche, nell’orazione funebre lo ricorda con orgogliosa enfasi: “un grave lutto ha colpito la famiglia dei socialisti reatini. Florido D’Orazi è morto. Egli vive ancora e vivrà a lungo nel cuore di quanti conobbero e apprezzarono quel che fece per la causa dei lavoratori e dei contadini”.


Testo di Enrico Amatori

 

 

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Non più capponi ai vostri padroni !

 

Da you tube due filmati- intervista di Mario Folci per ricordare Florido D'Orazi.


Negli anni '70 a Rieti Mauro Folci ricorda un grande fermento politico e culturale.
Che fine ha fatto? Si chiede. La destra ha da tempo un grosso consenso.
Occorreva trovare una figura forte, che esprimesse un pensiero libertario in quella città e bisognava risalire all'inizio del secolo: Florido D'Orazi. Nato a Rieti il 30 maggio 1881 da un'umile famiglia, sin da giovane aderisce al movimento socialista, dopo aver aderito agli Arditi del popolo, la prima associazione antifascista in Italia. Dal 1912 è protagonista delle lotte dei braccianti e dei mezzadri nella piana reatina per il superamento dei patti colonici, e di questo stesso anno è la sua prima condanna per istigazione allo sciopero e alla lotta di classe. Fonda in tutta la Sabina leghe di braccianti e nel 1919 istituisce a Rieti la Camera del Lavoro di cui viene acclamato segretario provinciale.

Memorabile lo sciopero che ha organizzato nel 1920 rimasto nell'immaginario reatino come lo sciopero del bestiame: tutto il bestiame della pianura reatina viene abbandonato lungo le mura medievali della città, per tre giorni e tre notti. Con l'avvento del fascismo la sua attività è costretta alla clandestinità e si impegna a formare leghe segrete di contadini e artigiani. Nel 1926 viene arrestato e condannato a 5 anni di confino nell'isola di Lipari dove conosce Carlo Rosselli. Le sue lotte furono determinanti per diffondere questo pensiero-azione libertario nella zona di Rieti. Florido D'Orazi muore nel 1952 e cinquant'anni dopo Folci con la sua azione-installazione, lavorando sul territorio reatino in cui è vissuto da ragazzo, trova occasione di portarlo alla meritata luce. Questo personaggio riappare quindi sullo sfondo di una diffusa obbedienza cadaverica, che rende la sua figura per contrasto ancor più luminosa e leggendaria: è a questo s-fondo passivo che a partire dal titolo del suo progetto, ripetuto una seconda volta a Roma, Folci vuole riferirsi e prendere una posizione critica.

La proposta all'artista da parte della Provincia di Rieti di pensare ad un progetto che concernesse il suo territorio, spinge l'artista a smuovere questo fondale, ad entrarci per riportarne a galla questo personaggio che dal fondo era stato inghiottito. Ricerca negli archivi storici tracce del suo operare e intervista un nipote, durante un viaggio in macchina sui luoghi battuti da Florido D'orazi, in uno sforzo della memoria a risorgere dagli stessi campi che aveva istigato a ribellarsi dalla condizione di obbedienza, la stessa di sempre: quella rinvenuta da Hanna Arendt nella figura di Eichmann, quella della contemporaneità di Rieti e del mondo intero.

Il termine kadavergehorsam è usato dalla pensatrice tedesca in La banalità del male; è lo stesso Eichmann ad averlo pronunciato durante il processo in difesa delle malvagità divenute leggi, che fedelmente osservava come cadavere. Il fatto di non poter essere padrone delle proprie azioni proprio come un cadavere era rassicurante per Eichmann, cittadino ligio alla legge. Eichmann infatti continuava a sostenere che stava facendo il suo dovere, facendo coincidere così l'ottemperanza alla legge con la sua personale ragion pratica, che secondo i principi kantiani dovrebbe invece essere ciò che ci fa guardare più in là delle leggi, verso la fonte da cui esse scaturiscono. Disgraziatamente tale attitudine è poco naturale e ha bisogno di essere risvegliata e in parte anche a questo contribuisce l'operazione di Folci, ancora una volta stratificata su vari livelli oltre che dislocata in due situazioni e città differenti. (...)

(tratto da: Lavorare parlando. Parlare lavorando. Il linguaggio messo al lavoro nelle opere di Mauro Folci. - Di Marta Roberti)