La stagione degli anni '70 e '80 può essere definita quella dei grandi concerti. Memorabile rimase quello degli Area, presso il teatro-cinema Moderno, organizzato tra gli altri, da Lorella Pistoni e Domenico Lattanzi.
Alla "sfera attraente", sfera geodetica sita nei pressi del viale Maraini, si esibirono Inti Illimani, Nuova Compagnia di Canto Popolare, Perugia Jazz Band e l'Art Ensemble of Chicago.
Il "pallone", denominato dalla gioventù reatina "la cappella repellente" per il suo aspetto esteticamente non invitante, ospitò comunque, vari concerti ed iniziative. La struttura fu presidiata inutilmente, da decine di giovani per impedirne lo smantellamento ed evitare un'operazione economicamente in perdita per la comunità. I costi di un eventuale rilevamento da parte del Comune o di altri enti locali infatti, sarebbero stati inferiori a quelli del trasferimento della struttura in altro luogo.
Al Palaloniano invece dominò la musica italiana. Era il tempo degli "Zingari felici", della "Musica ribelle" e de "La locomotiva".
Suonarono Francesco Guccini e l'Assemblea Musicale Teatrale, Il Banco del Mutuo Soccorso, Claudio Lolli, Edoardo Bennato.
Al teatro Vespasiano, organizzati da Radio Onda Verde, si esibirono Mandrake Som e Patrizia Scascitelli ma anche i Third Ear Band, con un concerto organizzato da Materiali sonori.
Memorabili, tra i tanti proposti da Radio Mondo, furono i concerti di Eugenio Finardi e Gino Paoli a al Teatro cinema " Moderno", Radio Rieti 1 propose quello di Ivan Graziani.
Radio Cantaro organizzò, come già detto altrove, il concerto dei "Gang" . Successivamente, Radio Kampo Urbano, insieme all'associazione " Mannish" propose a Fara Sabina, il gruppo Kunsertu. ( foto in fondo alla pagina)
Indimenticabile, come già detto, è rimasto comunque il concerto degli Area, sul finire degli anni'70. L'esibizione di Demetrio Stratos e del suo gruppo, sul palco del teatro Moderno, resterà sempre indelebile nella memoria di una intera generazione di reatini.
Il concerto degli Area fu il primo a Rieti, in cui il pubblico
praticò l'autoriduzione del prezzo del biglietto d'ingresso.
In basso, il prezioso racconto di Lorella Pistoni.
Di seguito, quello di Egisto Fiori.
Ricordando Demetrio Stratos
Una breve colazione da Bombolo con il batterista Giulio Capiozzo e poi, in mimetica verde e stivaloni da cacciatore, verso il cinema. Lo riconobbi subito e lo seguii per qualche decina di metri fino a perdermi anch'io nella folla di giovani in attesa. Davanti al "Moderno" c'era un gran fermento. E' in quella occasione che a Rieti si riuscì a mettere in atto la prima "autoriduzione" del biglietto d'ingresso. Il concerto fu eccezionale e lasciò il segno. Non poteva essere altrimenti. Demetrio Stratos e gli Area, il gruppo da lui fondato nel 1972, rappresentavano infatti e non a caso, una delle presenze più importanti sulla scena musicale degli anni'70.
Quello degli Area è stato senza dubbio uno dei progetti musicali più interessanti della musica italiana. Il loro primo disco, Arbeit Macth Frei, fu stampato nel 1973 dalla Cramps, leggendaria etichetta alternativa del produttore Gianni Sassi. La loro musica fu contraddistinta dalla fusione di più componenti culturali. La lezione di John Cage si combinava al jazzrock, alla tradizione mediterranea , a quella medio-orientale ma gli Area, International Popolar Group, si contraddistinsero anche per la radicalità dei contenuti e per il linguaggio musicale adottato. Una componente fondamentale del suono del gruppo era senza dubbio costituita dalla voce di Stratos.
La morte che colpì Demetrio a soli trentaquattro anni, fu uno schiaffo in pieno viso per tutti quelli che lo amavano, apprezzavano la sua musica e la sua ricerca. Il 14 giugno 1979 era stato lanciato un appuntamento all'Arena di Milano per una grandissima kermesse con lo scopo di raccogliere fondi per curare la sua malattia ma quell'iniziativa, malgrado le intenzioni degli organizzatori, si trasformò in un memorabile concerto-tributo a cui accorsero in centomila. Demetrio, malato di leucemia, si spense infatti il giorno prima in un ospedale di New York.
A trent'anni da quei giorni, con grande affetto, desidero ricordare un grande della musica internazionale, un artista insuperabile ed uno studioso peculiare della voce che ha aperto la strada a molti altri.
" Se una nuova vocalità può esistere dev'essere vissuta da tutti e non da uno solo: un tentativo di liberarsi dalla condizione di ascoltatore e spettatore cui la cultura e la politica ci hanno abituato".
Stratos investigava le risonanze e i vuoti della voce pensandola come strumento comune a tutti. Il cantante e ricercatore d'origine greca è un caso unico in Italia e ricordarlo significa avere a che fare con uno che soprattutto si misurava con se stesso, con i suoi limiti ma che sapeva anche andare dritto per la sua strada incurante delle esigenze del mercato e dei gusti del pubblico. " Io credo che questa musica comunichi molto. Alle ultime generazioni direi che è fatta anche per riflettere, non solo per muovere il corpo. Non è una discoteca. Ci sono dei momenti, ci sono dei temi particolari che appartengono ad una cultura più arcaica. Però di base c'è una voglia ritmica, un pulsare continuo, una fusione. Questo significa per me Area, non credo assolutamente sia un discorso difficile; non c'è veramente niente da spiegare, c'è da sentire e da riflettere. La musica è questa. Io non posso sfogliartela e analizzartela, proprio perchè è immateriale".
Prima della sua scomparsa, Stratos realizzò alcune incisioni di sola voce: Metrodora e Cantare la voce nelle quali ritroviamo l'apice tecnico espressivo delle sue sperimentazioni vocali. Il suo studio della voce come strumento, memore dell'esempio dei vocalist più avanzati della musica neroamericana come Leon Thomas, lo portò in seguito a raggiungere risultati al limite delle capacità umane: nella sua massima esibizione raggiunse i 7000 Hz (un tenore "normale" può arrivare mediamente a 523 Hz, mentre un soprano - quindi una donna - può raggiungere i 1046 Hz) ed era in grado di padroneggiare diplofonie, trifonie e quadrifonie (due, tre e quattro suoni contemporaneamente emessi con la voce). Compì ricerche di etnomusicologia ed estensione vocale in collaborazione con il Centro Nazionale Ricerca di Padova e studiò le modalità canore dei popoli asiatici.
Sono passati trent'anni. Sto riascoltando Metrodora e i vecchi vinili degli Area. La voce di Demetrio mi arriva dritta in cuffia insieme a mille ricordi, profumi, voci, colori.
Più volte mi hanno chiesto se avessi preferito vivere in un'altra epoca. Per tanti motivi ho sempre risposto di no.
Uno di questi motivi si chiama Demetrio Stratos.
E.F.
Tratto dal mensile Amicopiù.