Libertari a Rieti: una storia scomoda.

Il lavoro di ricerca storica sul territorio ci fa imbattere spesso in personaggi dimenticati, in tante storie che erroneamente, si tende a considerare minori o a mantenere volutamente nell'oblio. Esiste un'altra storia, scomoda a molti, e Rieti e la Sabina non fanno eccezione. Anche qui affondano infatti, le radici di un movimento libertario ed internazionale che sin dal secolo diciannovesimo, ha contribuito non poco alla storia del movimento dei lavoratori, alla resistenza al nazifascismo e allo stalinismo, allo sviluppo e direzione di importanti processi rivoluzionari come quello spagnolo del 1936, all'influenza in senso libertario dei movimenti giovanili degli anni '60 e di quelli successivi. I libertari reatini, tra l'altro, hanno avuto una sede, aperta in città sino alla seconda metà degli anni'70, dedicata all'anarchico ucraino Nestor Machno. Memorabili sono rimaste le tante iniziative, decisamente creative, di natura antimilitarista e la presenza in città di spettacoli del Living Theatre, il gruppo libertario riconosciuto in tutto il mondo come una delle migliori espressioni del cosiddetto "teatro d'avanguardia". Fino alla metà degli anni'80, è stata attiva a Rieti, Radio Kampo Urbano, dove le idee libertarie e di autorganizzazione hanno molto influenzato trasmissioni e iniziative nel territorio.

Nel cimitero di Rieti, inoltre, non per merito della città ma solo per il cinismo del fascismo, riposano le spoglie di Argo Secondari, fondatore degli Arditi del Popolo, deceduto durante la sua reclusione ,ordinata dal regime, presso l'ospedale psichiatrico reatino, allora sito a S. Francesco.
Nel nostro territorio, la diffusione dei nuclei degli Arditi del Popolo, prima gloriosa organizzazione antifascista, sostenuta dallo stesso Lenin ma avversata dalle direzioni dei partiti italiani di sinistra, è accertata a Rieti , Poggio Moiano e Magliano Sabino. Con tutta probabilità, gli arditi del Cicolano erano inseriti nel numeroso battaglione di Avezzano, formatosi nel luglio 1921 e forte di 180 uomini.
Questa storia altra, che è la storia dimenticata e spesso vilipesa della libertà, è anche frutto di personalità di spicco legate in vario modo al nostro territorio come ad esempio, Gino Petracchini o Umberto Lanciotti di cui in questo articolo, proveremo a tracciare dei primi cenni biografici. Siamo consapevoli che le loro storie, le loro scelte, motivate da una situazione di oppressione e violenza, sono le storie di molti, la cui memoria è spesso caduta nell'oblio. E' grazie però a quelle vite appassionate e spesso romanzesche, senza dubbio eroiche, che forse oggi, possiamo comprendere maggiormente il presente. Quella attuale non è la società per cui molti hanno lottato ma è grazie a loro, è grazie a quei vessilli viventi di libertà che oggi possiamo godere di diritti allora solo immaginabili. Quelle che vi presentiamo sono storie interamente vissute dalla parte del torto, dalla parte cioè, di chi non ha vinto o non ha vinto ancora.

 


Umberto Lanciotti

Umberto Lanciotti nacque a Forano Sabina il primo aprile 1894 da Emidio ed Angela di Mario. Nel 1897, la sua famiglia si trasferì a Sassoferrato dove frequentò le scuole tecniche. Nel 1913, a soli sedici anni, emigrò prima in Francia e successivamente negli States, dove in Pennsilvanya visse facendo il minatore. Qui si unì agli anarchici antiorganizzatori. Chiamato nel 1914 alle armi, rimase in America risultando così renitente alla leva. Cambiò più volte lavoro. Prima operaio in una fabbrica di lamiere, poi contabile di banca, non smise mai di denunciare il crimine del conflitto mondiale seguendo la consegna di Galleani "Contro la guerra, contro la pace, per la rivoluzione sociale". Accusato di diserzione, lavorò nelle fabbriche automibilistiche di Detroit, partecipando alle agitazioni per salvare la vita di Carlo Tresca. Nel 1920 rientrò in Italia, a Genova, per poi ricongiungersi con i genitori a Loreto. Qui lavorò alla costruzione di ferrovie ma fu licenziato qualche mese dopo per aver partecipato ad uno sciopero. Ad Ancona nel 1922, fu costretto, rimanendo ferito, ad affrontare una squadraccia fascista. Temendo di essere arrestato come disertore, s'imbarcò clandestinamente in una nave in partenza per L'Olanda. Da qui, avendo ricevuto l'indirizzo londinese di Emidio Recchioni, autorevole esponente anarchico, s'imbarcò di nuovo per la capitale inglese.
A Londra visse facendo il cameriere fino al 1925, anno in cui impartì una severa lezione al datore di lavoro che intendeva licenziarlo. Ancora un imbarco clandestino, questa volta verso l'Argentina. A Buenos Aires conobbe tantissimi anarchici italiani e spagnoli. In seguito ad una serie di attentati addebitati agli anarchici, venne arrestato il 23 giugno 1930 e condannato a due anni di carcere da scontarsi nel penitenziario di Ushuaia, nella Terra del Fuoco. Il 6 settembre il generale Uriburu istaurò una feroce dittatura che porterà alla fucilazione di molti anarchici. Lanciotti, rimesso in libertà il 13 luglio 1932, fu di nuovo arrestato a Rosario e selvaggiamente torturato. Deportato in Italia, arrivò a Napoli il 24 ottobre 1933. Condannato dal tribunale militare di Roma come disertore, ad un anno di carcere venne poi assegnato per cinque anni al confino. Deportato a Ponza non si piegò a fascisti e venne di nuovo arrestato per tre mesi. Tradotto all'isola di Tremiti, pur essendo sottoposto a diverse punizioni, continuò a rifiutare di salutare romanamente. Venne di nuovo incarcerato a Lucera fino al gennaio del 1938 e poi tenuto sotto il controllo delle autorità che dovettero rassegnarsi al suo attaccamento alle"idee sovversive" ed anarchiche. Rilasciato il 5 febbraio del 1940 e non trovando un'occupazione, si trasferì a Milano dove rimase per cinque anni.Riprendendo dopo la liberazione, il suo posto tra gli anarchici, sostenne generosamente la stampa libertaria e partecipò a numerosi convegni e congressi. Nella prima metà degli anni'60 si trasferì a Follonica dove morì il 9 giugno 1974.


Primo ( Gino) Petracchini

 
Gino Petraccini, sarto, nacque a Cittaducale il primo gennaio 1896 da Giuseppe e Filomena Innocenzi. Seguendo le orme del fratello maggiore Icilio, nato a Cittaducale il 24 luglio 1882, aderì giovanissimo al movimento anarchico, entrando a far parte a Terni, del gruppo Michele Angiolillo. Primo Petracchini, detto Gino, partecipò attivamente alle manifestazioni di Terni, durante la Settimana Rossa. Al pari di suo fratello quindi, risulta essere il primo antimilitarista reatino di cui si abbia notizia certa. Fu arrestato per la prima volta nell'agosto del 1914. "Fervente anticlericale", così lo definirono le autorità, fu denunciato più volte per "disfattismo" avendo partecipato a numerose campagne antimilitariste ed essendosi schierato contro la mattanza del primo conflitto mondiale. Dopo la guerra, Gino Petracchini era già noto per il suo attivismo e si hanno notizie di sue conferenze a Fabriano, Piombino, Livorno, S.Giovanni Valdarno. In quel periodo, era già in rapporto con Riccardo Sacconi, a capo degli anarcosindacalisti. Nel settembre del 1919 si trasferi in Toscana, chiamato a dirigere la Camera del Lavoro di Pisa. Il 21 ottobre dello stesso anno commemorò a Livorno, presso la cooperativa Il Risveglio, Bruno Filippi, rimasto dilaniato a Milano, durante un fallito attentato dimostrativo. Nel mese seguente, venne condannato a tre mesi di carcere con la condizionale per aver, durante un comizio, incitato gli scioperanti verso quello che le autorità definirono "scontro violento". Come rappresentante della Camera di Pisa, partecipò inoltre al congresso dell' Unione Sindacale Italiana, svoltosi a Parma dal 21 al 23 dicembre. La sua intensa attività propagandistica, fece del Petracchini, un elemento sicuramente di rilievo del movimento operaio e libertario della costa toscana del Tirreno. Il 10 ottobre del 1920 fu presenza attiva al convegno anarchico di Pisa in cui si fece notare per la sua intransigenza rivoluzionaria e per i suoi interventi a favore di una adesione incondizionata alla Terza Internazionale. Fu collaboratore di diverse pubblicazioni libertarie tra cui "Germinal", organo della Camera del Lavoro di Pisa. Dall'agosto del 1921 diresse, prima come segretario del consiglio di amministrazione, poi come presidente, la Cooperativa degli spazzini municipali. Nello stesso anno fu condannato a diversi anni di carcere per apologia di reato dopo aver scritto sul periodico ternano "La Sommossa", un 'ennesimo articolo commemorativo su Bruno Filippi. La condanna della Corte d'assise di Spoleto del 28 gennaio del 1921, finì sulle colonne di Umanità Nova, ma soprattutto culminò in un arresto che lo allontanò da Pisa in una fase molto delicata per la lotta al fascismo. Nel 1922 la Camera del Lavoro cessò la sua attività a seguito della repressione fascista e di stato. Al ritorno di Petracchini, la situazione era completamente in mano allo squadrismo. Sempre sotto stretta sorveglianza, l'anarco- sindacalista si trasferì a Genova nel 1923 e comunque, fu di nuovo arrestato quattro anni dopo per sospetta attività antifascista. Venne rilasciato dopo qualche settimana e nonostante avesse, almeno apparentemente, cessato qualsiasi attività, la sorveglianza nei suoi confronti non venne mai meno. Dal 1942, non si ebbero più notizie.
Come per molti altri appartenenti al movimento anarchico dell'epoca, s'ignorano luogo e data di morte.

Florido D'Orazi

Uno spazio a parte è dedicato a Florido D'Orazi, aderente agli Arditi del Popolo ed esponente di spicco del socialismo reatino.
A lui si deve il più grande sciopero dei contadini della Piana di Rieti. Nella pagina dedicata, è possibile avere maggiori notizie e vedere il filmato realizzato da Mauro Folci. 

Le notizie relative a Gino Petracchini ed Umberto Lanciotti sono tratte dal Dizionario Biografico degli Anarchici Italiani ( Ed. Biblioteca Franco Serantini- vol. 2).
Le notizie sugli Arditi Del Popolo sono tratte dal volume "Arditi del popolo- Argo Secondari e la prima organizzazione antifascista (1917-1922) " Di Eros Francescangeli ( Odratek edizioni).