Sono almeno 135 quelli di cui è statta trovata traccia ma c'è chi sostiene che siano stati molti di più.
In ogni caso, i campi di concentramento italiani sono stati rimossi dalla storia, distrutti fisicamente e solo in pochissimi vi è oggi una lapide per ricordare le sofferenze e spesso la morte che
hanno dominato in quei luoghi.
I primi campi vennero creati dal fascismo per internare i cittadini degli Stati considerati nemici ma ben presto cominciarono ad essere usati per ebrei, zingari, omosessuali, dissidenti, slavi
delle zone occupate. Non erano luoghi di sterminio come Auswhwitz o Dachau ma le condizioni di sopravvivenza erano bestiali e certo non mancarono torture di vario genere e fucilazioni sul
posto.
Quello di Farfa, fatto diventare oggi una stazione di polizia, fu istituito l'8 giugno 1943 con un numero di persone internate prossimo al centinaio. Inizialmente fu concepito come campo di
concentramento di jugoslavi che dopo la loro liberazione, probabilmente dettero il loro contributo alla Resistenza nell'Italia Centrale e nel nord della Penisola ma ben presto, si tramutò in
altro.
La presenza di ebrei nel lager di Farfa è documentata. In seguito ai noti fatti storici, i campi di concentramento nel sud Italia furono chiusi e gli internati trasferiti in altri campi. A Farfa
vennero rinchiusi gli ebrei stranieri del campo di Alberobello, quelli italiani vennero invece inviati al Centro Di Lavoro di Castelguido ( Roma).
Nonostante la martellante propaganda antisemita, nonostante i tanti carnefici di Mussolini, il fascismo non riuscì comunque a far breccia nell'intera società.
Al federale dell'Aquila che nel 1942 riferiva della crescente simpatia degli abitanti per gli internati ebrei ed inglesi, lo stesso Mussolini rispondeva: "Evidentemente le differenze razziali
sono scarsamente sentite e le differenze politiche altrettanto. Si ha l'aria di considerare questi individui come poveri diavoli che non hanno nessuna colpa di essere nati ebrei, francesi,
levantini. Ma sono pericolosi e bisogna fare il processo all'intenzione... evidentemente le autorità locali del Partito non hanno fatto la propaganda necessaria per dire che questa gente deve
essere per lo meno evitata".
Il gen, Mario Roatta, Comandante della II armata schierata in Jugoslavia in un telescritto del 2 giugno 1942, è ancora più esplicito del suo duce. " In previsione future necessità
Slovenia...giudico necessario che vengano predisposti nel Regno campi di concentramento per 20.000 persone. Una parte capace complessivamente di 5.000 maschi adulti...Altra parte capace di 15.000
persone comprese donne e bambini, servirebbe per le popolazioni da sgomberare da determinate zone a titolo precauzionale".
I reclusi nei campi italiani, al 30 settembre 1942, risultano essere 11.735.
Nel dispaccio dell' 8 settembre, il gen. Roatta è ancora più esplicito sui reali progetti del Fascismo. " L'internamento può essere esteso a prescindere dalle condizioni militari, fino allo
sgombero di intere regioni...e di sostituire il posto con popolazioni italiane".
Italiani, brava gente. Capace magari anche di scandalizzarsi per le atroci pulizie etniche, quando a compierle sono gli "altri".
In concomitanza con lo sviluppo delle azioni militari di alleati e partigiani, i campi di concentramento, a partire da quelli del Meridione, vennero via via chiusi. Nel Centro-Nord l'occupazione
delle truppe tedesche e la criminale complicità di alcuni comandanti filo-nazisti, comportò la deportazione nei campi di eliminazione.
La dismissione dei campi non fu però totale. Nel 1945 tantissimi lager, tra cui quello di Farfa, vennero trasformati in "campi profughi".
In un rapporto della Direzione generale di Pubblica Sicurezza del 26 aprile 1947, viene riportato che il campo di Farfa, allora con 800 posti disponibili, ospitava 290 persone.
"Farfa era un centro di raccolta per profughi stranieri, quindi almeno nominalmente era un campo per rifugiati ma persino i burocrati italiani lo definivano un campo di concentramento".
( Da Studi sull'emigrazione XLIII. N. 64,2006)
Per quanto fosse ufficialmente un campo misto, si specializzò come campo femminile. Nel 1947 su 291 internati, solo 19 erano maschi. In pochi mesi il numero aumentò a dismisura fino ad arrivare
nel 1948, a quasi novecento "ospiti" provenienti da tutto il pianeta ma in particolare da Jugoslavia ( 236), Germania (203), Ungheria (67), Polonia (50), Romania (54), Albania (33).
E' pronto il libro sul campo di Farfa e sui riflessi della Shoah nei documenti dell'Archivio di Stato di Rieti coedito insieme alla Fondazione Museo della Shoah. Sarà presentato il prossimo 28 gennaio. Raccoglie gli atti del Giorno della Memoria organuzzata lo scorso anno presso l'Archivio di Stato di Rieti