La piazza è semivuota, il caldo terrificante.
Volantini annunciano ai passanti che qualcosa sta per succedere.
Quel qualcosa, in quanto estratto da lavori diversi del Living Theatre, si chiama 'Tre Atti Pubblici'.
Siamo vestiti di bianco e di nero.
Al primo suono di gong cominciamo, nei pressi dei portici, a rappresentare 'gesti di vita quotidiana'.
Per puro caso o avendo saputo in precedenza, un pò di gente si raduna osservandoci perplessa.
Il traffico rallenta e poi viene completamente bloccato.
Siamo nel centro della piazza, ora.
Il gong suona nuovamente e gela i nostri movimenti (freeze).
L'unica cosa che si muove è una goccia di sudore che, impertinente, scorre lungo le gote.
Sono le ore più calde e la piazza è una fornace.
Percepisco il 'pubblico' che si ripara nelle zone d'ombra.
Di nuovo il gong.
Iniziamo la scena della 'peste'.
Singhiozziamo, urliamo, ci rotoliamo agonizzanti sul selciato.
I corpi sono divenuti insensibili a colpi, graffi e ferite.
La peste, forse l'olocausto nucleare, incombe e noi stiamo morendo.
Riesco ad ascoltare le grida degli altri. Passano minuti interminabili e dopo gli ultimi rantolii, un silenzio irreale s'impossessa della città.
Avverto ad occhi chiusi la tensione, i respiri trattenuti dal pubblico e il tamburo del mio cuore.
Il pavimento della piazza brucia.
Ho un pezzo di vetro, un chiodo forse, conficcato sotto la scapola.
Siamo morti, tutti morti.
Sento su di me le mani caritatevoli dei monatti. Mi ricompongono.
I piedi sono uniti ora, le braccia lungo il corpo.
Sento che mi sollevano e mi depongono, dopo una quindicina di passi, sopra altri cadaveri.
Sento il peso degli altri su di me.
Stanno innalzando una pila di corpi.
Gong!
La piramide di cadaveri comincia a sgretolarsi, a srotolarsi da un lato, fino a disegnare un nastro di uomini e di donne sul selciato.
Ancora un colpo e balziamo in piedi correndo come pazzi verso il parcheggio.
Ci colpiamo, gridiamo, ci afferriamo per i capelli.
Le scene di violenza inaudita continuano tra le auto in sosta.
Freeze.
Di nuovo contemporaneamente immobili sotto il sole cocente.
Gong.
Le scene di violenza continuano all'interno del giardino recintato.
La gente, incredula, ci segue nel nostro percorso.
Argento chiude il cancello. Siamo in trappola, in prigione, nel lager.
Qualcuno del pubblico piange.
I nostri corpi si muovono lungo, attrraverso le sbarre.
Colpisco con la testa, più volte l'inferriata.
Qualcuno si arrampica sulla mia schiena per trovare un'uscita verso l'alto.
Argento con un megafono, legge brani di Proudhon su repressione e liberazione.
Spara tre colpi in aria (a salve).
La P.S. cerca d'intervenire. Rimaniamo nel giardino che viene aperto agli altri. Siamo liberi ora.
PARADISE NOW!
Ci muoviamo armoniosamente, come in una danza, come in volo d'uccello, con delle canne di bamboo in equilibrio sulla testa.
Usciamo lentamente.
I nostri gesti sono lenti, ampli, aerei.
Il pubblico si stringe intorno a noi difendendoci da chi vuole interrompere la piece. Convergiamo verso il piazzale della Cattedrale.
Freeze.
Restiamo congelati all'unisono
e poi all'ennesimo suono del gong, iniziamo le nostre movenze orgoniche.
I nostri corpi, matidi di sudore, strusciano fra loro, disegnano paesaggi d'amore. Tante braccia, gambe, mani, seni in un corpo solo.
Il gong suona di nuovo.
Le mani si cercano, si stringono e ci disponiamo in piccoli gruppi ai lati della piazza.
Ancora scene pubbliche d'amore e poi di nuovo al centro del piazzale tutti insieme.
Si cerca ancora di mettere fine allo spettacolo, si sequestrano macchine fotografiche ed uno di noi, viene portato via di peso.
Siamo legati con delle corde gli uni agli altri.
Passano interminabili minuti di silenzio.
Poi alla fine qualcuno capisce e viene a slegarci.
Finalmente liberi e liberati, prendiamo le persone per mano formando un circolo. Intoniamo un ohm e loro con noi.
Un corpo solo, una sola anima.
IL PARADISO E' ADESSO!
Estate 1981.
Per molti di noi il futuro nacque quel giorno.
Un abbraccio a chi c'era.
Egisto