I giovani reatini hanno sempre ricercato luoghi e spazi di aggregazione per poter produrre musica, arte, cultura, all'interno di una socialità spesso non in linea, se non in aperto contrasto, con l'ottusità provinciale, meschina e patriarcale presente non solo della politica locale, ma anche nelle famiglie.
Come è stato già stato riportato altrove, già negli anni '60, numerosissimi furono i clubs in città. A farli nascere furono soprattutto gruppi di amici uniti da passioni comuni ma loro natura fu comunque dirompente. Non doveva essere facile allora la vita dei "capelloni".
Ancora più difficile doveva essere per una giovane donna. Indossare dei semplici pantaloni era sconveniente, una minigonna, un oltraggio al comune senso del pudore. Eppure, rischiando la denuncia, qualcuno ebbe l'ardire di entrare in chiesa, durante la funzione, in sella ad una rombante motocicletta.
Una nuova generazione però, già stava scalpitando, altrettanto irruentemente.
Erano gli anni '70.
Considerando il basso numero degli abitanti della cittadina, allora come oggi composto da circa 40.000 persone, non può non stupire il numero delle sedi delle organizzazioni politiche. Oltre ai partiti dell'arco parlamentare, a Rieti c'erano Il P.M.L. ( Partito Marxista Leninista), Lotta Continua, la cui sede rimase aperta per parecchio tempo anche dopo lo scioglimento nazionale e il gruppo anarchico Nestor Machno.
L' M.L.S. ( Movimento Lavoratori per il Socialismo) con sede a via Alemanni, era nella seconda metà degli anni '70 il gruppo più numeroso, non solo a Rieti, ma anche rispetto a quello di Milano, sede della Direzione Nazionale.
In seguito aprirono i battenti anche il PdUP, (Partito di Unità proletaria) e negli anni'80, Democrazia Proletaria. Non mancavano gli aderenti al gruppo " Il Manifesto" e in seguito all' Autonomia Operaia. Le femministe si organizzarono in un Coordinamento che si riuniva stabilmente. Sul finire del '79, aprì regolarmente le trasmissioni Radio Cantaro, emittente del movimento, e dopo la sua chiusura, Radio Kampo Urbano. Nel 1993, Socialismo Rivoluzionario, organizzazione presente in città e provincia sin dalla sua nascita, aprì una sua sede nel quartiere S.Lucia, chiusa nel '97 perchè lesionata dal sisma che colpì drammaticamente l'Umbria. Importanti in città furono anche le sedi delle organizzazioni ambientaliste, in primo luogo quella del WWF, sita in via Garibaldi e di associazioni culturali tra le quali non è possibile non ricordare, l'Associazione Thelonius.
Ognuna di queste realtà, con il suo programma, con i suoi valori, con i suoi attivisti, rappresentò una grande occasione d'incontro, di discussione, di scambio per più di una generazione. Va considerato inoltre che " riprendersi la città" non fu un mero slogan. I giovani si ripresero le piazze e i quartieri e non solo con iniziative eclatanti, alcune delle quali, riportate in queste pagine.
Ci si riprese la città semplicemente vivendola.
La loggia del Vignola, adiacente ad una piazza allora semideserta e stretta nel traffico cittadino, diventò un luogo d'incontro tra generazioni differenti.
Si animò di giovani, di militari della Verdirosi, alcuni dei quali oggi famosi e valenti musicisti. Tra questi ultimi vanno senza dubbio ricordati il chitarrista Pietro Nobile e Riccardo Tesi, oggi considerato tra i più grandi virtuosi dell'organetto diatonico.
Accanto alla fontana dei giardini della "Rotonda", oggi in piazza Vittorio Emanuele, nacquero gruppi, progetti e.. storie d'amore. Con Mario Capanna alla chitarra, una generazione imparò le canzoni di Lolli, di Guccini, di Edoardo Bennato e di molti altri. Fu così anche lungo il viale Maraini, luogo per eccellenza, dedicato allo "struscio". Importanti luogo d'incontro furono i bar, che dopo il cosiddetto "riflusso", rimasero pian piano se non gli unici, tra i pochi luoghi di ritrovo.
Se negli anni '70, non esistevano locali notturni e ci si riuniva nelle bettole ancora aperte, di fronte ad una birra o a una caraffa di vino, la notte reatina incominciò con il passare degli anni, a dare maggiore ospitalità al suo irriducibile popolo. Al "Pedro's", si affiancò prima "Sherwood" e poi " La Piazzetta". A queste audaci avanguardie della notte, seguirono i pubs, le birrerie ed i locali ancora oggi aperti.
Particolare fu senza dubbio, l'esperienza breve ma gloriosa del Jazz Rock di via Garibaldi. Aperto sul finire degli anni 90, riuscì ad entrare anche nel nuovo millennio, costituendo non solo un punto d'incontro giovanile, ma anche e soprattutto l'occasione per ascoltare musica dal vivo, grazie a gruppi interessanti, della musica alternativa italiana e non. Il Jazz Rock ha visto nascere e crescere tra le sue mura, il Social Forum di Rieti nelle cui fila, si sono riconosciuti centinaia di giovani reatini provenienti da percorsi anche molto diversi tra loro.
L'esigenza di uno spazio autogestito dai giovani è stata espressa in diversi modi e da molte generazioni. Anche negli anni '90 si è fatta sentire, riempiendo soprattutto nella seconda metà del decennio, non solo le piazze e le strade ma anche le cronache della stampa locale. Furono centinaia i giovani impegnati per lunghi mesi in questa battaglia di civiltà, nonostante la cecità delle istituzioni e della politica locale. Come spesso è accaduto, si passò dalla mancanza di ascolto alla repressione ma non eravamo più negli anni'70 e cadendo le ultime speranze, non furono pochi i giovani che dopo questa ennesima delusione, preferirono trasferirsi altrove e gli artisti che decisero di investire le proprie energie e creatività in ambienti culturalmente meno degradati.
Dal Corriere di Rieti, 9 febbraio, 1997
Non c'è nulla che atterrisca di più i politicanti dei cittadini che organizzano direttamente la propria esistenza. Questa tendenza al protagonismo e alla comunità che è presente soprattutto nei giovani, esaltando le migliori facoltà della specie umana, mette conseguentemente in discussione il ruolo delle politica e del potere. Nel tentativo di interlocuzione fanno capolino non solo ingenuità e speranze ma anche la coscienza che le richieste sociali siano un detonatore per le contraddizioni tipiche del potere. Esse inoltre, inchiodano alle loro responsabilità storiche non solo chi reagisce violentemente con la repressione ma anche chi cerca di salvarsi la poltrona con false promesse o proponendo "alternative" il cui unico scopo è sovente, quello di snaturare i contenuti autentici delle proteste. La lotta dei giovani reatini per uno spazio sociale autogestito, non è stata certo un' eccezione ed è per questo che è forse importante scriverne dopo tanti anni. Il tempo delle richieste è infatti finito.
Le promesse rimasero tali ma è sul finire degli anni'90 che la situazione diventò intollerabile.
" Arrivano gli sceriffi, controlli a tappeto in molte zone della città, pub, discoteche, bar. E' l'operazione di prevenzione della microcriminalità voluta dalla questura di Rieti con l'obiettivo di contenere e reprimere lo spaccio di stupefacenti tra i giovani".
L'articolo de " Il Messaggero" del 13 giugno 1998 rende bene la situazione e spiega che ai controlli, in ognuno dei quali vengono fermate quasi 500 persone, partecipano anche equipaggi della Capitale. L'articolo prosegue facendo affermare che "chi si ribella ai controlli, è gente che vive ai margini della legalità e quindi è ovvio che dimostri insofferenza".
Sarebbe dovuto però anche essere "ovvio", che i giovani di Rieti non erano poi così imbecilli e disorganizzati, tanto che già da tempo, avevano costituito un comitato di lotta per un centro sociale autogestito a cui aderirono in centinaia.
Gli spiegamenti delle forze dell'ordine, mai così ingenti a Rieti, unita alla sponsorizzazione massiccia quanto disperata, di un presunto Centro Giovanile, molto spiegano delle "politiche giovanili" locali e molto fanno capire sulla natura della desertificazione sociale della città che qualche aiuola in più, non potrà mai mascherare.
In basso, un volantino ed un comunicato stampa del Comitato di lotta per il centro sociale di Rieti. Questi brevi documenti possono essere utili a capire le ultime fasi di una lotta ancora in corso, che viene però da molto lontano e che da sempre, ha riconosciuto nell'autogestione, nell'autofinanziamento e nell'indipendenza da istituzioni e poteri, il proprio DNA.
Contro la normalizzazione!
26 aprile 97. Manifestazione per il centro sociale autogestito. Il viale Maraini è presidiato dalle forze di polizia presenti con decine di agenti e con svariati blindati che circondano un centinaio di giovani "colpevoli " di lottare per spazi sociali autogestiti e per una città più tollerante e democratica.
30 maggio 98. Anche questa volta il viale Maraini è bloccato ma per permettere una festa "on the road" in occasione del compimento di un anno di vita della consulta giovanile degli studenti e del famigerato centro giovanile ( o meglio, sportello informagiovani).
Quando i giovani si organizzano e lottano per i loro diritti e per soddisfare i loro bi/sogni sono criminalizzati mentre le istituzioni cercano in ogni modo di omologarli, di normalizzarli e renderli innocui. Questo hanno cercato di fare tramite il centro giovanile comunale che comunque è stato un fallimento: aperto per sei ore a settimana, è disertato dai giovani, è uno strumento propagandistico e di consenso per il sindaco e i suoi tirapiedi ( vedi iniziative ispirate o dirette da A.N.) ed è stato rivendicato in campagna elettorale dai giovani fascisti di A.N. Quindi non è vero che è di tutti e per tutti. Il Comitato di lotta per il centro sociale contesta la strumentalizzazione dei giovani e le iniziative eterodirette dal Centro Giovanile, riafferma l'esigenza di una lotta dal basso per uno spazio sociale autogestito, autofinanziato, antifascista e plurale. L'autogestione e l'autofinanziamento come principi di un esperienza di crescita e di maturazione in senso orizzontale senza nessun tipo di gerarchie, sono essenziali per tuttii giovani che vogliono riappropriarsi della città e dei suoi spazi, per ricreare forme di solidarietà e di lotta.
Comitato di lotta per il Centro Sociale Autogestito
Rieti, 30 maggio 98
Il comunicato stampa che segue, è il biglietto da visita di un movimento di autodifesa, nato come risposta alla repressione in atto, ma comunque capace di cogliere il nesso tra ciò che stava accadendo a Rieti e contemporaneamente in altre città, in un quadro generale definito di "normalizzazione".
Da quell'analisi, seppur iniziale e confusa, è ancor oggi possibile trarre delle lezioni per la comprensione del presente.
Comunicato stampa
Il comitato di lotta per il Centro Sociale Autogestito denuncia il tentativo di criminalizzazione della gioventù reatina che sempre più spesso, viene sottoposta a "controlli" di massa. L'intensificarsi di queste operazioni si accompagna al carattere sempre più violento ed intimidatorio che favorisce un clima non degno di una città civile. Nell'invitare la popolazione a non rispondere alle provocazioni di forze ben note al movimento doi massa, ad isolare facinorosi e corrotti, stigmatizziamo il tentativo in atto nel Paese di persecuzione dei settori che più stanno reagendo alla normalizzazione in atto.
A Milano e Torino sono direttamente le destre e la microcriminalità a portare avanti la guerra agli immigrati, in altre città la repressione vede protagonisti gli apparati legati allo Stato. I giovani contusi a Rieti nell'ultima operazione di "pulizia etnica-generazionale" chiedono giustizia, come gli immigrati e gli antirazzisti di Milano e Torino ferocemente colpiti dai criminali razzisti e dalla repressione.
Da anni chiediamo uno spazio autogestito per un centro sociale ma intendiamo denunciare che in questo Paese e in questa cittadina, si sta attaccando lo stesso diritto di riunirsi in una strada o in un locale.
Solidarizziamo con gli immigrati di Milano e con il bar "Skirrat" chiuso dal sindaco dopo l'attacco criminale e razzista", con il "Tam Tam Village" di Roma chiuso violentemente ieri dalla polizia nonostante le firme di sostegno raccolte anche a Rieti, con tutti i giovani e gli immigrati colpiti dalla repressione e dalla ferocia degli attacchi razzisti sostenuti sempre di più da "coperture" e " connivenze" la cui natura è stata più volte denunciata anche dalla stampa.
Facciamo appello a tutti i democratici, alle forze politiche e sociali, ai giovani, alle donne, agli immigrati e ai disoccupati, al volontariato laico e religioso, al mondo della cultura e della solidarietà autentica, perchè si intensifichi e cresca un fronte di mobilitazione e civiltà contro la repressione e la violenza, l'ingiustizia e la barbarie.
I giovani di Rieti non si rassegnano al degrado sociale e culturale in cui versa la città. Continueranno nella denuncia e nell'organizzazione della solidarietà contro la normalizzazione e contro il tentativo di scatenare la guerra ai giovani, ai disoccupati, agli immigrati.
Comitato di lotta per il centro sociale autogestito Rieti
Rieti, 6 giugno 1998.