Alcuni protagonisti di Radio Cantaro, nonostante la traumatica chiusura dell'emittente, fecero nascere dopo qualche tempo, un'altra struttura radiofonica.
Radio Kampo Urbano, questo il nome della nuova avventura nell'etere, iniziò le sue trasmissioni sul finire dell'82.
R.K.U. però, non fu solo la mera continuazione dell'esperienza precedente ma rappresentò un salto di qualità teorico ed organizzativo.
Il blitz a Radio Cantaro infatti, aveva provocato una forte radicalizzazione e una grande diffidenza verso i partiti e la politica istituzionale.
R.K.U. fu, nei fatti e nelle intenzioni, la voce dei senza voce.
La sede di via Roma, in poco tempo, diventò meta di decine e decine di studenti, disoccupati, lavoratori ma anche di tantissimi militari della caserma Verdirosi, provenienti da regioni ed
esperienze diverse.
In questo senso, definire l'esperienza di R.K.U. "locale", è decisamente riduttivo. Inoltre, molti erano i rapporti con le altre radio di movimento presenti soprattutto, nel centro Italia.
La rassegna stampa e i radiogiornali , pur affrontando tematiche legate al territorio, erano incentrate sui principali avvenimenti nazionali e internazionali. R.K.U. fu un laboratorio aperto a
percorsi anche molto diversi tra loro che ebbero modo di incontrarsi e modificarsi. La ricchezza delle esperienze, la vivacità creativa, la gestione assembleare e l'autofinanziamento
rappresentarono il punto forte dell'emittente.
L'esperienza di Radio Kampo Urbano fu molto complessa.
All'origine della radio, ci furono almeno due anime sempre in relazione.
Una era decisamente più controinformativa e per alcuni versi più "intransigente", l'altra più poetico-libertaria.
Malgrado le caratteristiche positive di quel percorso collettivo,la redazione della radio, per limiti e contraddizioni interne,ma anche forse per la "pesantezza dei tempi" mise fine a
quell'esperienza durata più di due anni entrando, inconsapevolmente, nel mito.
Questo non significò comunque la chiusura della radio che in forme diverse e con varie collaborazioni con altre realtà radiofoniche, continuò il suo percorso fino alla seconda metà degli
anni'90.
Un flash...
Il panorama era bellissimo.
Si accedeva ai piani 'a tetto' grazie ad una ripidissima scala di legno alla fine della quale, si stendeva un lungo corridoio.
Dalle finestre a sinistra, si potevano ammirare i tetti di via Roma, di S.Lucia, del Burò, ricoperti da vecchi coppi.
Alla fine del corridoio, uno stenditoio, si apriva sulla città.
Si poteva da lì, guardare in faccia la cattedrale ed il suo campanile.
Non fu una sciocchezza salire sul tetto, ma assicurati con delle funi, terminammo il lavoro in poche ore.
La radio aveva la sua antenna.
Nei locali sottostanti, a destra, appeso al muro, campeggiava un grosso foglio Bristol, pieno di sogni.
Radio Alpaca, Radio Stratos, Radio Rebelde, Radio Stratosfera, Radio Demetrio, Radio Cangaceiro, Radio Lina, Aradio, Radioattiva....
La lista dei possibili nomi era lunghissima.
Personalmente appoggiavo, amante degli Area, le proposte di Lorella.
Dedicare la radio ad un grande come Demetrio Stratos, mi sembrava una buona idea.
Non fu facile neanche la scelta del nome ma alla fine di un'appassionante assemblea, il nodo fu sciolto.
A maggioranza prevalse la proposta di Francesco.
Radio Campo Urbano, non era male, soprattutto sostituendo la c con la kappa.
ERREKAPPAU!!!
No, non era affatto male...
Dal film 'lavorare stanca', pellicola dedicata alla storia di Radio Alice di Bologna.
24 ottobre 1982, ore 9,00 circa. Radio Kampo Urbano aveva anche la sua carta astrale. In alto a destra, data ed ora di nascita di R.K.U.
Il linguaggio ironico era alla base di alcune trasmissioni ma non mancavano certo gli aneddoti da raccontare. Il rifiuto del professionismo, lasciava a volte, il campo ad un dilettantismo ingenuo, anche se animato da un sano spirito di partecipazione. Molti dei protagonisti di quell'esperienza, si trovavano spesso ad affrontare situazioni inedite, a volte drammatiche, altre volte decisamente divertenti.
R.K.U. permise ai giovani reatini non solo di approfondire conoscenze musicali in vari ambiti e generi ma fu tra le prime a proporre trasmissioni dedicate al punk o al reggae. Organizzò anche concerti tra cui quello dei Gang che allora, erano conosciuti come i "Clash italiani ". In questa foto, Marino Severini e gli altri, ancora giovanissimi.
I movimenti si sono spesso caratterizzati per l'utilizzo di strumenti innovativi di comunicazione. Se il tradizionale dazibao, manifesto murale scritto a mano, ebbe un rinnovato successo dopo la rivoluzione culturale cinese, era molto comune tra gli anni '60 e '70, l'uso del ciclostile. Quello di Radio Kampo Urbano, già utilizzato in passato, era ancora manuale e quindi non dotato di meccanismi elettrici. Fare un volantino, contrariamente al pensiero dei più, era cosa complicata. Il testo andava battuto su un'apposita matrice e poi inserito nell'apparecchiatura. Il rullo, opportunamente inchiostrato e fatto girare con una apposita manovella, permetteva la stampa. Era un lavoro di ore, faticoso e...sporco. Dopo l'utilizzo era opportuno pulire il macchinario, l'ambiente e spesso gli abiti degli stampatori, una volta macchiati, erano difficilmente riutilizzabili. Per chi si autofinanziava completamente era anche oneroso. In seguito, con la possibilità di fruire di fotocopiatrici, il ciclostile andò in soffitta e nacquero le fanzines (fans magazines). La scritta murale non perse però d'importanza e gli spray, molto più gestibili dei secchi di vernice e dei pennelli, risposero all'esigenza di comunicare brevi ed immediate paole d'ordine. La novità degli anni '70 furono comunque le radio libere. Rappresentarono un 'epoca e soprattutto la possibilità per i movimenti di avere mezzi di comunicazioni immediati e di massa. Il movimento studentesco della Pantera del 1990, impose anche nel linguaggio quotidiano un termine allora sconosciuto : fax. Oggi queste apparecchiature risultano già obsolete ma fu proprio il movimento studentesco a farlo conoscere fuori dagli ambienti universitari, contribuendo ad una piccola rivoluzione del vivere quotidiano. In seguito, l'avvento della rete e delle cosiddette " nuove tecnologie" ha suscitato un ulteriore cambiamento di proporzioni colossali.
Greenpeace Italia è l'ufficio italiano di Greenpeace e rappresenta Greenpeace in Italia, è affiliato con tutti gli altri uffici nazionali a Greenpeace International.
È nato nel 1986 come primo ufficio nel bacino del Mediterraneo anche per riconoscenza verso la grande solidarietà dimostrata dai sostenitori italiani in seguito alle vicende legate all'affondamento della Rainbow Warrior in Nuova Zelanda nell'anno precedente da parte dei servizi segreti francesi. Per David McTaggart, uno dei fondatori di Greenpeace, che ha partecipato anche alla nascita dell'ufficio italiano, si trattava di una tappa importante per espandere l'associazione nel Mediterraneo. All’epoca, Greenpeace era radicata principalmente in Nord Europa, Nord America e Pacifico e si preparava invece a diventare un'organizzazione davvero globale. Aprire un ufficio in Italia significava lanciare un ponte verso il Medio Oriente e il mondo arabo, così come il nuovo ufficio in Unione Sovietica – inaugurato in quegli stessi anni – serviva a creare un legame con tutta quella parte di Europa orientale a lungo vissuta al di là del muro.
Greenpeace nasce in Italia a pochi mesi dal disastro di Cernobyl, mentre si preannuncia il referendum (poi svoltosi nel
1987) sull'uso dell'energia nucleare e la realizzazione di nuovi impianti. Non a caso, la prima azione nella penisola è contro l’invio delle scorie nucleari della centrale di Borgo Sabotino
(Latina) a Sellafield.
Già nel 1986, gli attivisti inscenano un’azione di protesta contro la nave Shearwater, mentre l'anno successivo viene scalata la stessa centrale con un blitz che
segna l'inizio di una serie di azioni non violente, spettacolari, che negli anni avranno come bersaglio la corsa agli armamenti, l’industria chimica, il traffico di legname, la pesca illegale, il
buco dell’ozono, i cambiamenti climatici, la caccia alle balene, l’inefficienza del sistema energetico. Fin dalla sua nascita, Greenpeace è anche molto attiva nella denuncia del traffico di
rifiuti tossici prodotti dalle industrie italiane e illegalmente trasportati in Africa da navi pirata, come la famigerata "Zenobia": un tema che domina le cronache degli ultimi anni Ottanta e sul
quale indagheranno anche molti giornalisti coraggiosi, tra cui Ilaria Alpi, poi assassinata a Mogadiscio insieme al cameraman Milan Hrovatin.